Nel vangelo di Luca che questa Domenica la liturgia Ambrosiana ci propone, abbiamo visto che tutto ruota intorno a un banchetto. Sappiamo che l’immagine del banchetto attraversa tutta la Bibbia. In modo particolare il profeta Isaia la utilizza per raccontare che cosa il Signore fa per il suo popolo. Il Signore apparecchia una tavola, il Signore prepara un momento di gioia, di festa per tutti coloro che sono chiamati a partecipare a questo banchetto.
Si tratta di un banchetto che non si limita soltanto a Israele, ma a una destinazione che è universale, per tutti. Gesù parla in parabole, la sua stessa vita è una parabola continua del volto del Padre, l’intero evento di Cristo è parabola che conduce a conoscere il volto autentico del Padre. Come diceva Von Balthasar “ogni parlata di Dio in suoni umani altro non può essere che parabola o simbolo”, in quanto “in concetti afferrabili egli comunica realtà inafferrabili”.
In questa parabola di Luca 14 per parlare di regno di Dio, si parla di un banchetto, si parla cioè di qualcosa che dona vita. In tanti modi: nel cibo, nelle relazioni, nei dialoghi, negli affetti che si rinsaldano. Se non altro associa il regno di Dio con un’immagine di beatitudine. Così, “Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti”. Così il numero degli invitati fa pensare a una solennità eccezionale. Era usanza comune tra gli ebrei invitare due volte gli ospiti: si rivolgeva l’invito una prima volta per ricevere l’assenso, e una seconda volta per annunciare il momento in cui tutto era pronto e così si diceva: “Venite, tutto è pronto”. Ma poteva capitare che, al secondo invito, alcuni non fossero pronti e dovessero scusarsi. Così accade nella nostra parabola che, per motivi del tutto futili e insignificanti, gli invitati al banchetto non accolgono l’invito e rifiutano di parteciparvi. Quelli che ufficialmente sembrano avere le carte a posto per entrare e sedere a mangiare, rifiutano con dei motivi che potremmo sintetizzare in questo modo: il possesso, il commercio e il piacere.
Sono proprio quei motivi che talvolta tengono in ostaggio anche la nostra vita, impedendoci di accogliere l’invito di Dio nella nostra esistenza. Il cammino della fede c’insegna, infatti, a smettere di cercare rassicurazioni nel dominio delle cose. Anche Papa Francesco nella Enciclica Dilexit nos, sull’Amore umano e divino di Gesù così afferma: “Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini. L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre (n. 218).
La logica del profitto diventa molte volte anche per noi un impedimento che rallenta o impedisce di pronunciare il nostro si all’iniziativa di Dio! Una logica che consiste nel cercare sempre una convenienza, quando invece Dio ci chiede di imparare la gratuità del cuore. La ricerca del piacere è l’ultimo impedimento che potremo definire come il possesso delle persone. È sempre d’impedimento all’incontro con Dio chi usa le persone per star bene, riducendo l’altro a oggetto e non incontrandolo mai veramente. Potremmo dire che qui il tema è quello delle relazioni e la loro autenticità. Allora gli unici che mangeranno di quella cena saranno quelli che per un motivo o per un altro sono affamati, e hanno smesso di sentirsi sazi di cose che non contano nulla.
Cari Parrocchiani, la Parola del Vangelo oggi c’interroga sulle nostre resistenza all’azione salvifica di Dio! A cosa ci sta chiamando questa pagina evangelica? Quello che siamo chiamati a fare, è quello che siamo chiamati a fare ogni volta che l’amore, sotto tante forme ci raggiunge. Va accolto, riconosciuto e abitato. Non si merita e infatti è già pronto; siamo chiamati ad accoglierlo con un cuore libero e gioioso. Questa cena è già pronta e l’invito ci viene portato: Il Signore ci attende in questa sua casa tutti, nessuno escluso!
Il vostro parroco, don Giovanni