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Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro? | Settimanale 1 dicembre 2024

Il vangelo di questa III Domenica di Avvento Ambrosiano ci presenta il coraggio di cercare la Verità di Dio e la fatica di trovarla. Una fatica che non è risparmiata nemmeno a Giovanni il Battista. Anche lui, “roccia che sfidava il vento”, non è al riparo dal dubbio. Il Battista poco prima, vedendo Gesù, l’aveva additato con forza e sicurezza: “ecco l’Agnello di Dio”.

 

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Anche per noi talvolta è così, ci sono giorni in cui riusciamo ad essere forti testimoni di Gesù e poi subito dopo ci perdiamo nell’incertezza delle nostre fragilità, nei dubbi che ci assaltano e rendono meno deciso il nostro “sì” a Dio. Ci sono giorni in cui siamo scossi e messi alla prova dal dubbio. Il Battista rimane sconcertato, lui che nella sua predicazione aveva espresso la forza di un Dio minaccioso che separa “il grano dalla paglia”, si accorge che Gesù, colui che aveva indicato a tutti come il Messia, non si mette a giudicare.

Giovanni il Battista rimane interdetto, confuso. Lui che aveva predicato alle folle con foga il giorno del Messia, come tempo dove “brucerà la pula con fuoco inestinguibile”, ora sente dire dal luogo della sua prigionia che Gesù cerca i peccatori, siede a mensa con loro. Qui emerge tutta la fatica di credere che vive Giovanni il Battista e che talvolta viviamo anche noi. Siamo chiamati ad una fede umile, che rimane sempre in ricerca, che non cerca facili risposte, ma sa stare in ascolto dei fatti della vita e li interroga, per scoprirne il volto vero di Dio, una presenza misteriosa che non si lascia imbrigliare dai nostri schemi e non si lascia condurre dalle nostre attese.

Il Dio che Gesù Cristo ci rivela anche in questa pagina evangelica lucana è un Dio che spesso ci spiazza, ci sconvolge. Stravolge i nostri progetti e le nostre idee. Lui è il Signore che tiene in mano i cardini della storia. Gesù, di fronte alla domanda onesta del Battista, rimanda ai fatti. Nei fatti Dio si rivela. Ad annunciare la vera immagine del Messia rivelata da Gesù non sono le parole, ma i fatti concreti e visibili. Fatti di guarigione, di tenerezza indicibile, di misericordia. Opere bellissime di guarigione e di consolazione. Qui troviamo la gioia della fede. Gesù si china sulle sofferenze del mondo, sulle nostre fatiche e ci solleva con amore.

Le logiche di Dio richiedono un cuore che sa ascoltare e che sa attendere, un cuore paziente. “Guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente”. Abbiamo bisogno di questa pazienza che ci aiuta a capire i tempi di Dio tanto diversi dalle nostre attese. Talvolta Dio sembra lento e debole e ci scompagina gli schemi, perché noi viviamo nella cultura della velocità, del tutto subito, dell’efficienza e scartiamo tutto quello che sembra debole, lento. E rimaniamo sconvolti perché Cristo, invece, abbraccia questa precarietà e questa lentezza e la fa propria.

Un’attesa paziente e uno sguardo profondo per comprendere come la storia sia lentamente ed inesorabilmente popolata dalla Sapienza provvidenziale di Dio. Questa pagina evangelica ci invita a vivere un Avvento dove mettere al bando la fretta che ci svuota e ci deruba della nostra umanità, soprattutto nelle relazioni con le persone che Dio ci mette vicino.

Un Avvento dove rifiutare la fretta anche verso il mistero di Dio e i suoi progetti. Questo ci aiuterà a non scandalizzarci di Dio: “Beato colui che non si scandalizza di me”. Un’altra forma di conversione che ci chiede questa pagina di vangelo è il coraggio di non rimanere inchiodati dai pregiudizi che ci siamo coltivati sulla vita degli altri. Si sa, quando ci facciamo un’idea di qualcuno, diventa difficile modificarla.

Cominciamo a rileggere ogni avvenimento e ogni parola alla luce dell’idea che abbiamo in testa. Di solito affibbiamo etichette alle persone, definiamo, inquadriamo, e tutto questo ci permette di muoverci in maniera semplificata nell’universo delle relazioni e degli avvenimenti. Se qualcuno prova a mettere in questione la nostra idea, tentando di farci vedere anche altri aspetti che forse non abbiamo considerato, diventiamo feroci, ci arrabbiamo, non vogliamo più ascoltare.

È una dinamica che sperimentiamo non solo nella vita personale, ma ancora di più nella politica e nella vita sociale. Come ci ricorda un autore spirituale: “La nostra idea diventa il nostro idolo, a cui siamo pronti a sacrificare la verità: preferiamo salvare il nostro idolo mentale piuttosto che riconoscere come stanno veramente le cose”. Non a caso, forse, la parola idolo ha a che fare con idea. Sì, perché spesso gli idoli a cui siamo maggiormente attaccati e sottomessi sono proprio le nostre idee. Si chiamano pregiudizi, convinzioni, ma anche fissazioni e ossessioni.

È l’olimpo della nostra mente a cui prestiamo un culto quotidiano. Ma la parola idea, a sua volta, ha a che fare con il verbo vedere. L’idea è una visione interna. E proprio lì sta il rischio: quando ci chiudiamo nella nostra idea, non vediamo più quello che sta avvenendo fuori: neghiamo la realtà. La speranza, invece, fa vedere. Santo Avvento di speranza!

Il vostro parroco, don Giovanni

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