“Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. La fede è un dono. Ma è un dono che si può domandare se non lo si ha, e allo stesso tempo è un dono a cui si può resistere. In entrambi i casi la differenza la fa la nostra libertà. Molte volte ci sentiamo in colpa perché abbiamo poca fede, o magari ci accorgiamo in alcuni casi di non averne per niente. La fede è un dono che si poggia sull’umiltà di domandarlo, come un bambino domanda fiducioso da bere alla madre.
Quale madre rifiuta l’acqua a un figlio? Se lo facesse non sarebbe una buona madre, e comunque Dio agisce come la migliore delle madri, non nega mai una cosa così essenziale a chi la domanda con tutto il cuore. Ciò che forse dimentichiamo troppo spesso è che Gesù ci ha chiesto di pregare con insistenza. L’ostinazione di certe richieste prepara meglio dentro di noi la capacità di accogliere. Solo chi ha ben chiaro quanto la fede possa cambiargli la vita domanda con insistenza e ostinazione il dono della fede. E avere la fede non significa aver trovato un’idea geniale sulla vita e l’esistenza, o la risposta a tutto. Avere la fede significa aver trovato ciò che nutre la nostra vita fino a farla entrare in una dinamica più profonda, più essenziale, più vera.
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Chi ha trovato la fede, ha trovato Cristo come pane, nutrimento per vivere. E trovare Cristo come pane significa cominciare a sentire la vita come qualcosa di vivo. È avvertire tutta la vitalità della vita che nasce dall’accorgersi che “ogni cosa è incastonata nell’eternità”. Comprendere che l’amore per quella persona è incastonato nell’eternità, ti mostra una vitalità più grande. Tutte le volte che noi ci accostiamo all’Eucaristia permettiamo a Cristo di far entrate la dinamica della vita eterna in cose che normalmente finiscono. E questo non è forse un dono immenso che viene dalla fede?
La Grazia e la nostra libertà diventano il binomio vero su cui si poggia la storia della salvezza, perché la redenzione non è semplicemente Dio che ci salva, ma noi che ci lasciamo salvare da Lui. Non siamo salvi per forza, siamo salvi per dono e per adesione a questo dono. Uno può anche lanciarti un salvagente ma tocca a te aggrapparti e farne buon uso. Siamo chiamati a non sprecare il dono, o in assenza di esso a saperlo chiedere con umiltà. L’umile è colui che chiede senza fingere autosufficienza.