La liturgia Ambrosiana ci consegna una pagina famosa del Vangelo di Matteo, che apre questo nostro cammino di Quaresima e ci presenta innanzitutto una situazione inattesa: Gesù è spinto nel deserto. Quel verbo “ekballo” indica proprio un movimento violento, quasi una costrizione, un essere gettati con forza da qualche parte.
È chiaro quindi che Gesù accoglie un movimento interiore (una mozione direbbe sant’Ignazio) che lo spinge nel deserto. Il deserto è un luogo fortemente simbolico nel linguaggio biblico, non solo come immagine, ma anche come momento fondamentale della vita del popolo d’Israele. Il deserto è certamente il luogo dove vengono meno i punti di riferimento, il deserto rappresenta la solitudine. È il luogo in cui emergono le nostre paure, il luogo dove non possiamo evitare di confrontarci con noi stessi. In questo senso il deserto è sempre un’immagine di quelle situazioni della nostra vita dove siamo costretti a guardarci dentro.
Per Israele però il deserto ricorda anche la sua storia: è nel deserto che avviene il lungo cammino che dalla schiavitù dell’Egitto porta alla terra promessa. Nel deserto Israele fa un’esperienza profonda del proprio peccato e dell’infedeltà, ma è anche nel deserto che si accorge di come Dio sia la sua sola forza. È lungo il cammino nel deserto che Israele riceve da Dio la legge, fondamento dell’alleanza.
Questo ci porta a capire che molte volte le situazioni che sembrano solo disperate e spaventose, possono costituire invece il luogo della costruzione di una profonda relazione con Dio e un tempo di purificazione della nostra interiorità. Anche per Gesù si tratta di un passaggio necessario prima di cominciare il suo ministero. Bisogna guardarsi dentro, confrontarsi con le proprie motivazioni.
Per Gesù si tratta di assumere consapevolmente la missione di dare la vita per gli uomini. Ma perché? Cosa lo spinge? Sappiamo bene infatti che sulla figura del Messia c’erano molte attese, alcune di queste parlavano anche di violenza, di gloria, di successo. Quale tipo di Messia vuole essere Gesù? È una domanda a cui non può sottrarsi. E sarà proprio su queste possibilità che farà leva la tentazione. La versione di Matteo e Luca di questa esperienza nel deserto esplicita infatti il dialogo tra Gesù e il Diavolo: si tratta di scegliere tra la via del potere e del privilegio e quella della sofferenza e della croce.
Quando ci ritroviamo da soli nel deserto della vita, quando ci troviamo ad attraversare quelle situazioni inaspettate e spesso faticose, emerge tutto quello che c’è dentro di noi. In modo particolare si fanno sentire quei lati oscuri che di solito tendiamo a mettere a tacere. Si vedono maggiormente quelle ombre che abbiamo fatto finta di non vedere. Il deserto della vita ci costringe a fare i conti con tutto questo.
Cari Parrocchiani, questo itinerario di Quaresima sia una occasione propizia per entrare in profondità dentro la nostra vita e lasciare che lo Spirito Santo illumini quelle zone d’ombra non ancora del tutto trasfigurate dalla bellezza del Vangelo. I
Quaranta giorni nel “deserto quaresimale” rappresentano una solitudine abitata da Dio, una esperienza di autentico incontro con il Mistero di Dio, una possibilità di rinascita personale e di vita comunitaria.
Ricordiamoci sempre che la lotta di Gesù nel deserto è anche la nostra: la vita ci mette continuamente alla prova, la tentazione si innesta nella fatica che dobbiamo fare continuamente davanti alle situazioni che incontriamo. Il modo in cui affrontiamo le sfide, le decisioni, le difficoltà che fanno parte del nostro cammino dice qualcosa di noi.
Siamo messi alla prova dalla vita e veniamo fuori per quello che siamo. È la lotta di una vita, perché siamo un campo di battaglia. Adesso però sappiamo che in Gesù possiamo vincere questo scontro. La scelta è sempre nelle nostre mani e le decisioni che abbiamo preso o che prenderemo parlano di noi, sempre.
Il vostro parroco, don Giovanni.