Gesù nel Vangelo della terza Domenica di Quaresima, ci regala questa espressione, mentre è intento a spiegare come vive chi vuole essere autenticamente di Dio. Quali sono le opere di Abramo? Ne ho trovate tre: l’opera della fede, l’opera della libertà e l’opera della speranza.
L’opera della fede: Abramo è pronto all’impossibile, a contare le stelle e a misurare la sabbia, cammina per tutta la vita dietro a quelle tre promesse: un figlio, una terra, una benedizione. E Abramo va’, s’incammina senza sapere dove sarebbe andato. Abramo si affida e si mette nelle mani di Dio. Ciò che Dio promette è perfino eccessivo, incomprensibile, illogico, ma Dio è affidabile. E quando deve portare il figlio Isacco sul monte e lo lega e alza il coltello, ciò che sta facendo è incredibile, in quel momento Dio nega le promesse di Dio, Dio nega Dio, c’è da impazzire, ma Dio è affidabile. Lui troverà il modo, ed è un angelo che ferma il coltello. In tutte le vite, in ciascuno di noi, Dio è affidabile. Di Dio puoi veramente fidarti!
L’opera della speranza: “Abramo, vostro Padre esultò nella speranza di vedere il mio giorno”. Nella speranza, non nella realizzazione. Abramo muore e della terra promessa ha ottenuto soltanto quanto basta a scavare due tombe, una per Sara e una per sé; dei figli come stelle, ne ha uno solo che ha rischiato di uccidere. Quasi niente, eppure conserva la fede. Secondo una bella formula di San Tommaso d’Aquino, “la speranza è il presente del futuro”. Abramo guarda il piccolo seme presente e vede la spiga futura. La speranza è una corda tesa verso il futuro, come il filo dei muratori, come la corda dei costruttori. La speranza “è la virtù bambina”, scrive Péguy, la più piccola delle tre sorelle, sta in mezzo, fede e carità la tengono per mano, ma non sono loro a portarla, in realtà è la piccola che tira avanti le altre due, è la speranza che trascina avanti la vita, corda tesa al futuro.
L’opera della libertà: è la parola più cara all’uomo ma anche la più ambigua e forse, insieme all’amore e alla verità, la parola più falsificata, più imbrattata della storia. Abramo è il nomade che per letto ha la sabbia del deserto, sulla testa ha solo il cielo, e come recinto l’orizzonte. Libero di fare qualcosa che fino a un attimo prima era lontanissimo dalla sua intenzione, pronto a mettersi in viaggio verso una terra di cui non conosce il nome, che non sa dove sia.
La vita è un esodo. La vita vera comincia quando, come Abramo, ci rendiamo conto che, per realizzare quello che siamo, abbiamo bisogno di lasciare la casa di nostro padre, quella casa nella quale ci sentiamo al sicuro e tranquilli, ma che non è la nostra casa. La casa paterna è quella dove abbiamo vissuto fino ad oggi, è il nostro passato. Se rimaniamo legati a quella storia non scriveremo mai il nostro futuro! Abramo è chiamato ad uscire e a lasciare, sebbene davanti a lui vi sia incertezza: è chiamato a scoprire, ma la terra da raggiungere gli sarà indicata a poco a poco durante il cammino. Chi aspetta di sapere in anticipo dove arriverà il suo esodo, è destinato a non partire mai.
E il primo che ha lasciato la casa del Padre per vivere il suo esodo è Gesù stesso. Egli è il pellegrino che continuamente esce da se stesso, perché è continuamente proteso verso di noi, pronto a raggiungerci ovunque ci siamo persi. Lungo il cammino si sentono tante voci, si incontrano persone, si vedono insegne e indicazioni. Sono le parole che accompagnano il cammino, parole su cui discernere perché non tutti ci parlano per amore. C’è sempre chi vuole ostacolare il nostro viaggio. Abramo parte perché ascolta la voce di Dio. Gesù ci addita le opere di Abramo, ci addita questo esodo di libertà.
Più libero di Abramo è solo Gesù. Il fascino di Gesù uomo libero, che non si è mai fatto comprare da nessuno, accende desideri di libertà in ognuno di noi, forse perché tutti soffriamo di imprigionamenti. Asfissiati da trappole che ci hanno tolto il respiro e la bellezza della libertà autentica. Il Vangelo ci chiede di contemplare la libertà interiore di Gesù. Ci invita a desiderare la libertà del Signore dentro la nostra vita. Tutta la Quaresima, del resto, altro non è che un invito a intraprendere cammini di liberazione in forza della proposta di Gesù.
Attenzione però: la libertà non è la fissità delle regole, ma “il vento che scompiglia le pagine e soffia via la polvere”. La libertà ha una sorgente, è il mistero di Dio che è in te e che i veri maestri dello spirito ti invitano a scoprire, a liberare e ad adorare. Se sei fedele a Dio, allora sei libero dalla schiavitù degli altri, dalla schiavitù delle cose, dalle convenzioni, dai codici senza anima, dalle aspettative degli altri, dal giudizio, dalle immagini che gli altri hanno di te. Per te contano gli occhi del tuo Signore, conta un piccolo pezzo di Dio in te.
Buon cammino di libertà interiore cari parrocchiani per una Quaresima che ci dischiude il mistero di Dio insito nella nostra vita.
Il vostro parroco,
don Giovanni