Nel vangelo di questa domenica di Pente- coste ci viene presentata la figura di Nico- demo, che per non essere visto dagli altri incontra Gesù la sera, di nascosto. Gesù dice di lui che è “maestro in Israele”. Sa che può dire la sua parola nel Consiglio del Sinedrio, dare del tu alle persone importanti del popolo. È uomo di cultura tra i colleghi Scribi, esperti di Bibbia e della legge, uomini che sanno a chi va la casa della vedova e il campo dell’orfano. Nico- demo va da Gesù di notte. Fuori città, lontano dagli occhi dei colleghi del Sinedrio. Essi provano fastidio per questo nuovo Rabbi senza “diploma”, che viene da una Nazareth da niente, da una Galilea dei pagani da cui non è mai venuto fuori un profeta.
Un autore spirituale dice che Nicodemo rappresenta i “cristiani notturni”, quelli che credono senza volersi compromette- re con Gesù. Sanno chi è Gesù ma tengo- no di più all’audience della gente, così lo frequentano di notte. Sono attentissimi a non farsi vedere se si fanno un segno di croce. Evitano le discussioni in cui devono prendere delle posizioni a favore del pensiero cristiano. Preferiscono tacere quando qualcuno attacca la fede, facendo finta che la cosa non li riguardi.
Gesù non risponde a nessuna domanda specifica, ma anticipa qualunque richiesta di Nicodemo andando alla radice di ogni domanda.
Gesù lo invita a cambiare prospettiva, a cambiare il modo di guardare alle cose, che è poi l’atteggiamento fondamentale di ogni vera conversione. Quest’uomo del Sinedrio ragiona con sottigliezza argomentativa, esperto com’è di prescrizioni rituali; Gesù, semplicemente, gli dice che su quel piano non potranno mai incontrarsi, che deve proprio cambiare livello, che deve convertirsi a una nuova visione delle cose, «dall’alto»! Altrimenti non riuscirà a vedere il regno di Dio. Ne parlerà, ne discuterà, lo cercherà… Ma non lo vedrà. Anche noi abbiamo bisogno del dono dello Spirito Santo che ci aiuti a cambiare prospettiva, che converta il nostro modo di guardare la vita e gli altri. Come dice un autore spirituale: “Possiamo affrontare la fede come quando si indaga su un cadavere da sezionare, oppure lanciarci nella fiducia. Possiamo studiare la Scrittura come esperti di letteratura antica, o trovarvi la Parola che Dio rivolge agli uomini. Possiamo passare il tempo a enumerare le palesi e reiterate contraddizioni della Chiesa, oppure, rintracciare in essa l’opera dello Spirito. Per capire i misteri del regno occorre varcare la soglia, passare dal ragionamento alla messa in discussione, bisogna non giocare a fare i professori e diventare mendicanti di senso”.
Ha ragione Gesù: esiste un modo “terreno” di parlare delle cose di Dio, di vedere la realtà spirituale, di giudicare la storia, di pensare la Chiesa. Un modo “mondano” di avvicinare la realtà, legittimo e opportuno, ma limitato e inconcludente. Ed esiste un modo dall’alto.
Gli dice Nicodemo: «Come può un uomo nascere se è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?».
Nicodemo è decisamente spiazzato. Ora la domanda la pone, ma non ha nulla a che vedere, probabilmente, con quelle che si era preparato. Si sente smarrito, perché quando incontriamo veramente il mistero di Dio, il Suo Spirito santo, manda in crisi le nostre finte sicurezze, scompagina i nostri schemi interpretativi, sempre Dio ci destabilizza.
Nicodemo accoglie questa provocazione di Gesù, si mette in gioco lasciandosi provocare da quelle parole di luce e pone al maestro una domanda: come si fa a rinascere quando si è già adulti, perfino anziani? L’evangelista Giovanni, maestro di spiritualità, di nuovo gioca con le paro- le, come ha già̀ fatto con la samaritana. Di quale vecchiaia stiamo parlando?
Nicodemo sembra riferirsi a quella cronologica: è del tutto evidente che non si può tornare nel grembo della Signore e diventiamo suoi discepoli, facendo del Vangelo il nostro metro di giudizio, ed Egli, liberamente, ci dona lo Spirito santo, che ci aiuta nella propria madre e rinascere. Eppure anche lui capisce che Gesù si sta riferendosi a un’altra nascita.
Il rischio di invecchiare c’è sempre. Invecchiare nella testa, nel modo di vedere le cose, di intendere Dio, gli altri, la vita. Non è più̀ giovane Nico- demo, certo, ma la sua vecchiaia è nel cuore, nel pensiero, nel ragionare. E’ difficile rinascere, mettersi in discussione, accedere a un altro pensiero, quello di Dio, è difficile lasciarsi scompaginare gli schemi che ci hanno sostenuto e rassicurato per tanto tempo, per fare spazio alla logica dello Spirito santo, tanto diversa dalla nostra! Ep- pure è possibile. Gesù offre un itinerario: per affrontare le cose di Dio occorre rinascere dall’acqua e dallo Spirito. Parole misteriose per Nicodemo, non per noi. “Dall’acqua”: attraverso il nostro battesimo! Fonte di Grazia da cui tutto nasce. “Dallo Spirito”, grazie al dono dello Spirito Santo possiamo uscire dalle logiche mondane ed entrare nella logica di Dio, che ci spiazza sempre.
Cari parrocchiani per uscire da questo modo di guardare alla vita tutto mondano e cercare di vedere le cose con il cuore di Dio, si deve fare una scelta: schierarsi, diventare davvero discepoli di Cristo, convertirsi. Si tratta di una prospettiva di libertà: liberamente accettiamo la proposta del Signore e diventiamo suoi discepoli, facendo del Vangelo il nostro metro di giudizio, ed Egli, liberamente, ci dona lo Spirito santo, che ci aiuta nella conoscenza del cammino di sequela. Ma per accogliere ciò che Gesù dice bisogna fidarsi, semplice- mente. Fidarsi di Lui. Eppure come è difficile fidar- si! Lo specifico della fiducia è espresso ancor meglio dal verbo che la esprime: mi fido. Lo Spirito santo ci aiuti a comprendere giorno dopo giorno come la fiducia sia elemento costitutivo e dunque indispensabile della decisione cristiana e il passo decisivo è quello di trasformare lentamente la tristezza in gioia, il malumore in letizia, la rassegnazione in coraggio vivo di sperare contro ogni speranza. Lo Spirito santo ci aiuti a trasformare le resistenze interiori alo cambiamento in resa spirituale e affidamento all’Amore di Cristo. Questo è il senso della nostra festa patronale, il motivo profondo per cui come comunità ci ritroviamo a celebrare la festa della vita cristiana, la gioia di essere amati sempre, di essere cari al cuore di Dio, nonostante le nostre imperfezioni personali e precarietà della vita. La nostra festa patronale sia testimonianza della letizia cristiana che vince ogni tristezza, malumore, rassegnazione! La gioia della vita credente rende la nostra testimonianza di fede, credibile, attraente, necessaria, in un mondo spesso privato di speranza e di contentez- za.
Il vostro Parroco don Giovanni