A volte ci sembra di essere talmente sprofondati nei nostri abissi di paure che non crediamo più nella possibilità di risalire.
Nel capitolo precedente, Luca ci aveva sorpresi mostrando che anche per il pubblicano c’è una via per uscire dal proprio peccato e vivere riconciliato. Ma Zaccheo non è solo un pubblicano, un pubblico peccatore, uno che vive in una permanente condizione di impurità che gli impedisce di prendere parte al culto, è addirittura capo dei pubblicani. È come se il peccato fosse moltiplicato.
Ci sarà una possibilità di vita anche per lui? O è irrimediabilmente perso? Questa è la domanda che Luca ci sta mettendo davanti in questa pagina di vangelo: pensi che per te ci sia una possibilità di vita o pensi che per te non ci sia più speranza?
Insieme a questa domanda seria il Vangelo di questa penultima domenica dopo l’Epifania, ci consegna la storia di un uomo che custodisce un grande desiderio: vedere Gesù! Questo desiderio “respira libero” nel suo cuore, senza cedere ai condizionamenti della paura e senza lasciarsi frenare dai propri limiti, infatti era piccolo di statura. La paura è la paralisi della vita, il desiderio invece è il vento nelle vele. Anziché chiuderlo nei suoi limiti, il difetto spinge Zaccheo a essere creativo. Invece di omologarsi, cerca soluzioni nuove senza paura di apparire diverso. Corre avanti e sale sull’albero. Correre, avanti, in alto: andare sotto un’urgenza che chiama, sconfinare verso qualcosa che inizia ed è oltre. Movimenti del cuore che vorremmo fossero anche i nostri, spesso impantanati nelle sabbie mobili delle nostre ansie e paure.
Zaccheo comunque decide di uscire dal suo isolamento, sebbene non sappia ancora come fare. Per il momento vorrebbe solo restare spettatore: guardare senza essere visto. Vorrebbe vedere Gesù, ma è troppo basso per guardare oltre la folla. Gli altri diventano un ostacolo. Forse Luca vuole alludere anche alla bassezza morale di Zaccheo che diventa ostacolo per vedere Gesù. Ma Zaccheo non si arrende: il suo desiderio lo porta persino ad accettare di rendersi ridicolo. Sale su un albero come fanno i bambini!
In effetti se vogliamo dare risposta ai nostri desideri più profondi non possiamo non dare spazio alla nostra dimensione più autentica. Zaccheo voleva solo guardare un po’, rimanendo nascosto, senza compromettersi. Ma non c’è solo il desiderio di Zaccheo, c’è anche quello di Gesù! Prima ancora di Zaccheo, è Gesù che vuole vedere Zaccheo. Gesù alza lo sguardo: Zaccheo non è più in basso, ma è già stato posto in alto. Da quello sguardo, Zaccheo si aspetta probabilmente un rimprovero.
Finalmente la gente che lui ha sfruttato e umiliato avrà la propria vendetta. Zaccheo si aspetta di essere smascherato davanti a tutti. A volte il pensiero di come Dio possa guardarmi è terribile. Cosa mi aspetterei dallo sguardo di Gesù se vedesse la mia vita in questo momento? Ma Zaccheo, come ognuno di noi, trova in quello sguardo la misericordia.
Gesù ridona a Zaccheo quella possibilità di stare con gli altri che gli era stata negata. E Gesù è il primo a fermarsi nella vita di Zaccheo: entra nella sua casa. La misericordia è gratuita e imprevedibile, a Zaccheo non è chiesto nulla. Eppure Zaccheo finalmente vede, ma soprattutto è visto. Questo era il suo desiderio più grande: non solo tornare a vedere, ma anche e soprattutto essere visto, essere visto non come pubblicano, ma come uomo. Solo nel momento in cui Zaccheo torna a vedere, può decidere la strada da percorrere. Non è obbligato.
Zaccheo vede l’altro che gli sta davanti, vede Gesù, e vuole imitarlo. È la domanda di ogni vita, di ogni vocazione: nella situazione concreta che sto vivendo, quale può essere la strada più adatta per seguire il Signore? Proprio a dimostrazione che non si tratta di un obbligo, Luca attribuisce a Zaccheo un impegno a cui non solo non era tenuto, ma un impegno che mette insieme due legislazioni diverse: restituire la metà dei beni era quanto previsto dalla legge rabbinica per la penitenza; restituire quattro volte tanto era quanto previsto dalla legge romana per il furto.
Zaccheo dunque è certamente l’uomo del desiderio, ma è anche l’uomo che sa trasformare il desiderio in passi concreti. E in effetti è solo quel desiderio che può vincere le nostre paure e farci riguadagnare la vetta di quel burrone nel quale a volte ci sentiamo precipitati.
Cari Parrocchiani, contempliamo in questa pagina evangelica lo sguardo di Gesù, è il solo che non si posa mai per prima cosa sui peccati di una persona, ma sempre sulla sua fragilità e povertà, su ciò che manca a una vita piena. Interpella la parte migliore di ciascuno, quel frammento d’oro che nessun peccato arriverà mai a cancellare.
Come discepoli del Signore dovremmo imparare anche noi ad avere sguardi carichi di benevolenza, che non si posano innanzitutto sugli errori, sui peccati delle persone giudicando. Abbiamo bisogno di non perdere il nostro tempo giudicando gli altri con sguardi che gettano sentenze e mani che puntano il dito, questi sono atteggiamenti che ci rendono molto distanti dal Signore Gesù, che invece vorremmo seguire!
Gesù ripete a ciascuno di noi “Oggi mi fermo a casa tua”. Dio alla mia tavola, come un familiare, intimo come una persona cara, un Dio alla portata di tutti. Ognuno ha una dimora da offrire a Dio. E il passaggio del Signore lascerà un segno inconfondibile: qualcosa che riempie la vita e poi la fa sconfinare, nella condivisione fraterna con i più piccoli. Vorrei invitare la nostra comunità a custodire ed alimentare il desiderio tenace di incontrare Gesù. Spero anche che Gesù ci aiuti a liberarci di quelle paure o sensi di inferiorità che ci paralizzano, ci trattengono dal bene che potremmo compiere!
Il vostro parroco, don Giovanni