L’inquietudine del tetrarca Erode sembra essere la protagonista del vangelo che la nostra liturgia Ambrosiana ci consegna.
L’incontro con la fama di Gesù, rimette in crisi Erode, ma allo stesso tempo gli risveglia il desiderio di poterlo vedere, di
poter incrociare i suoi occhi. Possiamo anche diventare i “peggiori Erode” nella nostra vita, ma rimane insopprimibile in noi il desiderio di incontrare un Senso per cui tutto valga la pena. Una nostalgia di Verità. Infatti dobbiamo stare attenti, leggendo il Vangelo, a dividere troppo facilmente i buoni dai cattivi. Molto spesso nella stessa persona c’è una porzione di bene, e una porzione di male. Nessuno è mai
completamente perduto, e nessuno è mai completamente al sicuro. Vi ricordate la parabola del grano e della zizzania che crescono insieme? Esattamente così, anche in noi c’è luce e penombra. C’è del buono anche in Erode, ma il rischio che la paura, e l’egoismo
soffochino anche quel piccolo germoglio di bene, è altissimo, ma finché è possibile bisogna provare a salvare ciò che si può.
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Cari parrocchiani guardiamoci dentro con onestà e riconosciamo il grano e la zizzania che crescono anche in noi, nel “campo del nostro cuore”. Finché non si comprende che il vero impedimento alla liberazione è dentro di noi, rimarremo vittime dei nostri peccati, dei nostri egoismi, delle nostre superbe presunzioni. Il vangelo c’invita ad un profondo e sincero esame di coscienza. Non rimaniamo inermi,
ma facciamo crescere il desiderio di bene e la nostalgia di Verità e di senso, che ci condurranno sulla autentica via di Dio!