Si presenta all’orizzonte, immancabile nella tradizione della nostra Parrocchia, la festa patronale. Qual’ è il senso profondo di questo appuntamento? Come diceva Durkaim “La festa presuppone e realizza la gioia e l’intensità comunicativa ed espressiva della comunità”. La festa realizza una specie di “trasfigurazione” della realtà quotidiana, ordinaria. Siamo consapevoli che vivere la festa patronale è esperienza pedagogica. Può sembrare paradossale parlare di “pedagogia” per un fatto che ha molto di esplosione di gioia e di gratuità. Noi siamo comunità credente e l’essenza di ogni festa e di ogni gioia del cuore è la coscienza della comunità cristiana di essere visitata da Dio, di essere piena della sua grazia, di essere abitata dallo Spirito. Quest’anno poi abbiamo anche un altro motivo di gioia, s’inserisce, infatti, nella nostra festa Patronale la visita Pastorale del nostro Arcivescovo Mons. Mario Delpini, si tratta di una occasione sempre straordinaria per rinsaldare quel legame di Comunione con la Chiesa locale e la figura del Vescovo, guida e pastore della nostra Comunità Diocesana , di cui la nostra Parrocchia fa parte.
Vorremmo che la nostra festa patronale fosse innanzitutto esplosione di gioia e gratitudine, mettendo a frutto tutte le risorse espressive e relazionali di cui dispone. Il soggetto della festa patronale è la comunità credente, che stringe e rinsalda i legami di amicizia, comunione e fraternità al suo interno, ma non tiene la sua gioia solo per sé, è un dono che viene dal Cielo, è una gioia incontenibile e per questo la comunità cristiana vive la festa tendendo la mano al territorio che
vive ed abita. Non dobbiamo mai dimenticare il significato della parola Parrocchia, che nella sua etimologia significa “la Chiesa tra le case”, è un richiamo da un lato a continuare al di là di tutto la sua apertura generosa e accogliente verso alcune espressioni positive dell’esperienza umana come appunto la “festa”, dall’altro deve però far risaltare ancora di più la “qualità cristiana” di tali espressioni.
In questo senso non sembra improprio parlare di un vero “stile cristiano” che fa la differenza nel modo di proporre valori umani connessi al fare festa come lo stare insieme, l’aggregarsi, il condividere secondo lo stile del vangelo. Mi pare d’intravvedere nella tradizione della nostra festa patronale una sana tenacia, una sorta di perseveranza nel coraggio di sperare e di scommettere sulla gioia evangelica nonostante i mille motivi per essere preoccupati o impensieriti dal contesto socio economico e culturale che viviamo. In questo senso tutti coloro che s’impegnano con passione a preparare e vivere la festa della comunità cristiana esercitano una testimonianza tangibile della letizia cristiana. A loro va gratitudine e vicinanza. Abbiamo bisogno di cuori aperti e lieti! Come dice un autore spirituale “è possibile sperare che, fino a quando continueranno ad esistere comunità credenti, né l’oscuramento epocale di Dio né la secolarizzazione della società
e della cultura riusciranno a inaridire la sorgente di comportamenti festivi che scorre instancabilmente nel cuore dell’umanità.”
Don Giovanni, Don Andrea e Don Marco