Il brano di Vangelo di questa Domenica fa parte dell’appendice del Vangelo di Marco (Mc 16,9-20) che presenta la lista di alcune apparizioni di Gesù: alla Maddalena (Mc 16,9-11), ai due discepoli che camminano per la campagna (Mc 16,12-13) e ai dodici apostoli (Mc 16,14-18).
Questa ultima apparizione insieme alla descrizione dell’ascensione al cielo (Mc 16,19-20) costituisce il vangelo di oggi. Gesù appare agli undici discepoli e li rimprovera per non aver creduto le persone che lo avevano visto risorto. Non credettero alla Maddalena (Mc 16,11), nemmeno ai due lungo il cammino della campagna (Mc 16,13). Varie volte, l’evangelista Marco si riferisce alla resistenza dei discepoli nel credere alla testimonianza di coloro che sperimentarono la risurrezione di Gesù. Perché Marco insiste tanto sulla mancanza di fede dei discepoli? Probabilmente, per insegnare due cose: primo, che la fede in Gesù passa per la fede delle persone che ne danno testimonianza. Secondo, che nessuno deve scoraggiarsi quando nasce l’incredulità nel cuore. Perfino gli undici discepoli dubitarono! D’innanzi ai molti segni di scristianizzazione e d’indifferenza religiosa, non dobbiamo scoraggiarci ma cerchiamo di testimoniare la nostra fede in Cristo con umiltà e in modo autentico.
Sia nella conclusione del Vangelo di Marco che nell’inizio degli Atti degli Apostoli ciò che siamo chiamati a contemplare nella scena dell’ascensione è innanzitutto la consegna di Gesù al Padre. In entrambi i testi, quella che chiamiamo ascensione, è propriamente un’azione in forma passiva: Gesù è assunto in cielo, sottintendendo che quest’azione è operata dal Padre. Gesù vive fino in fondo la sua obbedienza. Guardando il cielo, contempliamo quell’obbedienza a cui la Chiesa (e in essa ogni discepolo) è chiamata a vivere. Il racconto dell’ascensione è un momento di congedo, di distacco. Nonostante questa distanza, la conclusione del Vangelo di Marco e tutto il libro degli Atti degli Apostoli ci rassicurano però sul fatto che piano piano è possibile entrare nel progetto di Dio. E dunque non bisogna scoraggiarsi se anche noi ci sentiamo lontani certe volte dalla volontà di Dio.
Mentre viviamo con tutta la Chiesa la giornata missionaria mondiale, apriamo il cuore ad accogliere l’insegnamento di questa pagina dell’evangelista Marco che in maniera molto sintetica, negli ultimi versetti riassume i tratti della missione dei discepoli, nei quali possiamo riconoscere quello che i discepoli di ogni tempo possono vivere e ciò che sono chiamati a fare: i discepoli hanno il potere di scacciare i demoni che prendono nuovi volti in ogni tempo: i demoni del potere, della violenza, delle discriminazioni, dell’egoismo… I demoni sono tutto ciò che allontana l’uomo da Dio.
I discepoli hanno il potere di parlare lingue nuove, cioè di trovare nuove modalità per annunciare il Vangelo. Possono prendere in mano i serpenti, cioè possono maneggiare anche tutti quei tentativi di seduzione a cui sono sottoposti, così come possono bere i veleni contenuti nelle logiche e nelle parole del mondo senza subirne danno. Ma i discepoli sono anche chiamati a esercitare il ministero della consolazione, sono chiamati a guarire le malattie degli uomini di ogni tempo, sono chiamati soprattutto a guarire i cuori da tutto quello che spaventa e scoraggia. Questa missione ha delle caratteristiche consolanti, avviene infatti sia con la Parola che con i segni.
Questi segni sono il modo in cui il Signore stesso conferma quella Parola. Gesù infatti ci assicura che continua ad agire insieme con noi. Cari Parrocchiani, chiediamo tutti insieme nella preghiera di sentire la gioia della cooperazione alla diffusione del vangelo nel nostro quartiere e fino ai confini della terra; allarghiamo gli orizzonti e avvertiamo di essere accompagnati dalla forza dello Spirito santo, che ci spinge ad una consapevolezza missionaria della chiesa e quindi anche della nostra Parrocchia!
Il vostro parroco, don Giovanni