Celebriamo in questa IV Domenica dopo l’Epifania la festa della Presentazione del Signore, che prevede la rituale processione con le candele benedette. Si tratta di un segno che ci rimanda al tema della vita come pellegrinaggio e indica la nostra decisione di andare incontro al Signore Gesù con una dedizione totale ed esclusiva. In realtà, la liturgia di questa festa celebra il fatto che sia Gesù a venire incontro a noi e non a caso il nome antico di questa festa liturgica era detto “dell’incontro”: Gesù prende l’iniziativa di entrare nel tempio della nostra vita. Gesù ci precede, si avvicina, c’incontra, ci avvince, ci conquista, ci attira… È bello lasciarsi attrarre da Lui, lasciarci trasfigurare nella sua Luce e nella sua vita, “è una trasfigurazione che avviene lungo tutto l’arco della nostra esistenza”.
Il Vangelo di Luca ci racconta il momento in cui Maria e Giuseppe vanno al tempio, infatti sono passati quaranta giorni dalla nascita di Gesù. Giuseppe gli ha dato il nome che Dio aveva scelto per lui: l’ha chiamato Gesù perché attraverso di lui ogni uomo riceverà salvezza e grazia. Ora i genitori, con il loro piccolo, si recano al tempio di Gerusalemme. È un gesto prescritto dalla Legge di Mosè e tuttavia ci fa capire con quale atteggiamento Maria e Giuseppe guardano al loro bambino. Maria e Giuseppe consegnano il Figlio a Dio, riconoscono che quel Figlio è un dono. È il gesto che tutti i genitori sono chiamati a fare: riconoscere che il figlio non appartiene a loro. Gesù è consacrato a Dio, come ogni figlio primogenito in Israele. Il gesto della consacrazione dice appartenenza totale al Signore. Nel santo Battesimo, tutti noi siamo consacrati a Dio, poi, come sposi, sacerdoti o religiosi, ci impegniamo a vivere quella consacrazione battesimale in una modalità specifica. Maria e Giuseppe si muovono obbedendo alla Legge, che significa obbedire a Dio. L’obbedienza è quel gesto di fiducia e di abbandono che è impresso in ogni atto di consacrazione a Dio. Non si tratta di un’obbedienza servile, ma di una donazione piena di fiducia.
Il Vangelo di questa Domenica ci fa incontrare due personaggi nel tempio che mi richiamano alla mente la fedeltà incrollabile ai propri sogni. Non è facile rimanere fedeli a un sogno. A volte ti prende il dubbio: forse mi sono sbagliato, forse sono ingenuo, magari hanno ragione loro… Ti convincono che sei un idealista, un romantico. Ti persuadono che bisogna essere più concreti, bisogna tramare, organizzarsi, scendere a compromessi. E in effetti, come rimanere fedeli a qualcosa che semplicemente hai sentito? Qualcosa che ti sembrava buono? Simeone e Anna, invece, sono un uomo e una donna che hanno avuto il coraggio di rimanere fedeli ai loro sogni, alla promessa che avevano sentito nel loro cuore. Quante volte, davanti agli eventi tragici del popolo d’Israele, all’invasione dei Romani, alla corruzione della comunità, sarà ritornato il dubbio? Mi piacerebbe chiedere a Simeone e Anna se c’è stato qualche momento in cui hanno smesso di sperare.
Simeone e Anna sono molto diversi da noi, da noi che pretendiamo realizzazioni immediate, che ci stanchiamo molto presto di sperare. Simeone e Anna devono aver continuato ad alimentare quella speranza ogni giorno, perché hanno riconosciuto la risposta ai loro sogni non nel maestro che predica o nell’uomo sulla croce, ma appena hanno visto un bambino, un germoglio, la possibilità che quel progetto potesse realizzarsi. Dio li aveva ascoltati, il sogno era possibile. Anche per questo Simeone e Anna fanno impallidire le nostre pretese, ci interrogano davanti alla nostra incapacità di riconoscere i piccoli germogli di speranza che Dio semina lungo la nostra strada. Simeone e Anna non cercano il bene per se stessi, cercano la giustizia. Per questo Simeone è libero, è libero di lasciare questa vita, può smettere di lottare nel momento in cui Dio ha cominciato a fare giustizia. Non cerca la sua giustizia o la sua realizzazione, non vuole godere della vittoria sul nemico, vuole solo che l’umanità trovi pace in Dio. A questo punto il sogno diventa profezia, la speranza diventa certezza: «saranno svelati i pensieri di molti cuori».
Come dice un autore spirituale: “quei pensieri (dialoghismoi) sono anche gli imbrogli, le trame, le trappole… Sempre, quando qualcuno cerca il bene, il male si scatena sotto la forma di pensieri cattivi, di critiche, di trame silenziose. D’altra parte, più emerge il bene, più vengono smascherati coloro che hanno ingannato.” Di Anna il testo evangelico dice che è rimasta vedova dopo sette anni di matrimonio: è il simbolo di una comunità che ha perso il suo punto di riferimento, che ha perso il proprio punto di appoggio, il sostegno. Difficile rimanere fedeli in una situazione così compromessa, difficile continuare a sognare e a sperare. Anna è il simbolo di una fedeltà instancabile, una fedeltà che non può che essere donna! Anna è il simbolo di quelle persone e di quelle comunità che, pur vivendo situazioni di precarietà, di perdita, di disorientamento, non vengono meno alla loro fedeltà al Vangelo, al bene, alla verità.
Oggi, Domenica 2 febbraio, la Chiesa celebra la Presentazione al Tempio del Signore. Il rito ambrosiano prevede la processione con le candele e i testi liturgici invitano a considerare il mistero della conversione come luogo dell’incontro tra il mistero dell’uomo e la bellezza di Dio. Infatti, la liturgia ambrosiana pone un accento particolare e mette in evidenza il fatto che sia Gesù a venire incontro a noi e non a caso il nome antico di questa festa liturgica era detto “dell’incontro”: Gesù prende l’iniziativa di entrare nel tempio della nostra vita.
Pertanto, offriamo ai nostri lettori un articolo interessante sul tema della Conversione, mistero di bellezza e incontro che salva la vita. Insieme ai personaggi che oggi la liturgia ci presenta e con le parole di Sant’Agostino, possiamo allora chiedere al Signore di non smettere di sognare, obbedienti e fiduciosi nella sua opera: «Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa sì che non smetta di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore».
Il vostro parroco, don Giovanni