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Quattro atteggiamenti che il centurione suggerisce alla nostra vita di credenti | Settimanale 9 febbraio 2025

La storia del centurione raccontata nel Vangelo di questa V Domenica dopo l’Epifania contiene due dettagli che molto spesso sfuggono alla nostra attenzione. Il centurione di cui ci parla il Vangelo di Matteo non è un credente, né un israelita, eppure mostra due caratteristiche che dovrebbero essere proprie di un credente.

La prima caratteristica è la sua compassione: “Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente»”. Si noti bene che non sta scongiurando Gesù per sé stesso o per un suo familiare, ma per un suo servo. Quest’uomo non rimane indifferente davanti alla sofferenza del suo servo, e questo dovrebbe colpirci molto perché all’epoca i servi erano considerati alla stessa stregua di oggetti e non certamente di persone. Invece, questo centurione mostra un’umanità che sa andare oltre i condizionamenti sociali e culturali e manifesta una delle caratteristiche che Gesù ama di più: la capacità di usare il cuore, essere cioè compassionevoli.

 

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La seconda caratteristica è la fede, intesa non come la ricerca di segni straordinari ma come la totale fiducia in Gesù fino al punto di dispensarlo dall’andare a casa sua o dal dargli prova della Sua potenza. Il centurione crede fino al punto di non volere segni. Gesù loda una fede così: la fede è sempre sobria, semplice, discreta e proprio per questo grande e affidabile. Ciò non toglie che Dio possa agire anche con segni eclatanti, ma non è la Sua via ordinaria. Compassione e fede rendono il centurione più affidabile agli occhi di Gesù di tanti Israeliti incontrati. Su queste due cose dovremmo verificare la nostra vita e il cammino di fede!

Un altro aspetto che mi colpisce è che il centurione non domanda per sé ma intercede per un altro, dando voce a una persona che soffre talmente tanto da non riuscire essa stessa a formulare una preghiera. Mi ha sempre colpito questa forma di delicatezza perché mi ricorda che tutte le volte che preghiamo dovremmo essere voce di chi, per un motivo o per un altro, non riesce a farlo in prima persona.

Il centurione ritiene di non essere degno di far entrare Gesù in casa sua, figuriamoci di stare a tavola con Lui, ma non sa che questo “Dio con noi” cerca i peccatori e sa stare a cena con loro. Si tratta di una pagina molto conosciuta e il suo atteggiamento diventa il nostro in ogni celebrazione della Santa Messa. Siamo invitati, con il centurione, a riconoscere la nostra inadeguatezza dinnanzi al mistero vivo di Cristo che entra nella nostra vita attraverso il dono dell’Eucaristia!

Compassione verso tutti, senso della propria indegnità, capacità d’intercedere per chi non ha voce e fiducia incrollabile in Dio: sono questi i quattro atteggiamenti che il centurione ci suggerisce e che vogliamo raccogliere nella nostra vita!

Il vostro parroco, don Giovanni

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