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Sulle radici e sulla roccia | Settimanale 19 ottobre 2025

“Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto… L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene… Chi ascolta le mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia.” (Lc 6,43-48) In questa festa che celebra la Dedicazione del Duomo di Milano, la Parola ci riporta alla radice di ogni tempio: il cuore dell’uomo. Gesù non ci parla di pietre, architetture o cupole, ma di alberi e case, segni di vita e di stabilità.

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L’albero cresce se ha radici buone; la casa resiste se poggia sulla roccia. È un Vangelo che chiede di guardare dentro, perché il vero santuario che Dio desidera abitare è l’intimo del cuore. Il Vangelo non si accontenta di frutti apparenti, ma cerca la trasparenza del cuore. Un albero non può ingannare: ciò che si vede nei suoi frutti è ciò che è accaduto nel segreto delle radici. Così anche noi: se la nostra fede è autentica, si vedrà nei gesti, nelle relazioni, nella capacità di resistere alle intemperie della vita, si vede dallo stile evangelico delle nostre parole, delle scelte quotidiane, dal nostro modo di vivere e la qualità di relazioni secondo il Vangelo anche nella vita della nostra Comunità cristiana.

Scavare in profondità

Chi costruisce sulla roccia, dice Gesù, deve scavare molto profondo. È un verbo che chiede tempo, fatica, pazienza. E forse è proprio questa l’immagine che vorrei sottolineare del Duomo di Milano: una cattedrale che non è nata in fretta, ma che da secoli viene scolpita, custodita, purificata. Come la fede di un popolo che, tra mille fatiche, continua a cercare Dio nella storia e testimoniare in profondità la bellezza del vangelo. Spesso l’Arcivescovo ci ricorda che il Duomo è una casa da abitare, non un monumento da ammirare. È fatta di pietre vive, di fedeli che portano sulle spalle il peso e la bellezza del Vangelo nel quotidiano: sul posto di lavoro, negli ospedali, nelle scuole, nei condomìni anonimi delle periferie. Il Duomo, con la sua verticalità luminosa, è segno di una fede che non si accontenta della superficie, ma sale verso il cielo scavando nel profondo dell’umano.

Una Chiesa che ascolta e si converte

Il Cardinale Carlo Maria Martini ci ha insegnato che ogni pietra del Duomo è come una pagina di Vangelo scolpita nel marmo. Lui sognava una Chiesa che non si chiude nelle sue certezze, ma si lascia evangelizzare dalla Parola. Diceva: “La cattedrale è segno della comunità che ascolta. È casa della Parola prima ancora che casa della liturgia.” Costruire sulla roccia significa allora imparare ad ascoltare e mettere in pratica. Non basta frequentare la Chiesa, vivere la Comunità parrocchiale e diocesana; bisogna lasciarsi convertire dal Vangelo, perché la solidità non viene dalle strutture, ma dalla coerenza tra ascolto e vita. L’uomo che scava fino alla roccia è colui che non si accontenta di parole spirituali, ma desidera che la Parola di Dio diventi carne nella sua storia.

Chiesa Diocesana: una porzione che vive la totalità della Comunione

La festa della Dedicazione del Duomo non celebra solo l’edificio sacro, ma la casa di Dio in Milano, la Chiesa ambrosiana che è “porzione della Chiesa universale”. Qui entra in gioco la dimensione diocesana: non siamo una comunità isolata, ma una famiglia diocesana in cui ogni parrocchia, ogni gruppo, ogni credente è legato agli altri. Non solo “una comunità locale”, ma la porzione di Chiesa che partecipa all’unica Chiesa di Cristo. La Chiesa Ambrosiana non è un insieme di aggregati, ma una rete viva, una “casa da abitare”, dove si esercita la corresponsabilità, la reciprocità, l’attenzione alle fragilità. Costruire sulla roccia, allora, significa anche che ogni porzione di Chiesa locale viva un legame vitale con l’intero corpo ecclesiale: non si salva da sola, ma nella comunione. La recente visita del nostro Arcivescovo Mario è segno di questa comunione e vicinanza della Chiesa Diocesana di cui siamo pietre vive. L’Arcivescovo dinnanzi ai disastrosi danni dell’esondazione ci ha esortato ad avere una lettura di fede rispetto a questa prova comunitaria, ci ha invitato a trasformare questa ricostruzione di muri anche in una rigenerazione per diventare una comunità cristiana più unita, più fraterna e in comunione. L’Arcivescovo, paragonando i danni dell’alluvione al diluvio universale biblico, ci ha invitati a lasciarci istruire dalla Parola di Dio, ci ha chiesto di essere una comunità cristiana che anche nelle prove sa mettersi in ascolto vero della Parola, si lascia interrogare dalla profondità della Parola.

La Cattedrale del cuore

Cari Parrocchiani oggi, mentre guardiamo le guglie del Duomo che sembrano dita tese verso il cielo, il Signore ci chiede: Su cosa stai costruendo la tua vita? Ogni comunità, ogni famiglia, ogni cuore è un piccolo duomo che Dio vuole abitare. E la vera dedicazione avviene ogni volta che permettiamo a Cristo di diventare la roccia che ci sostiene nelle nostre fragilità e paure, la radice che dà linfa ai nostri frutti. Forse non co

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