Nel Vangelo di Matteo, che la liturgia Ambrosiana ci consegna in questa terza Domenica dopo Pentecoste, troviamo un momento centrale e sconvolgente nella vita di san Giuseppe. Dopo aver scoperto che Maria era incinta, Giuseppe, uomo giusto, aveva deciso di lasciarla segretamente per non denunciarla pubblicamente. Tuttavia, un angelo del Signore gli appare in sogno e gli rivela un messaggio che cambierà il corso della sua vita: “non temere di prendere Maria come tua sposa, perché ciò che è concepito in lei è dallo Spirito Santo”. Non temere di avere fiducia in lei!
Oggi questa Parola della Sacra Scrittura cade dentro un contesto culturale dove abbiamo paura di fidarci dell’altro. La Parola di Dio ci chiede di mettere a fuoco questo tema così attuale. La fatica culturale di fidarsi degli altri è un tema profondo e complesso, che tocca le radici della nostra esistenza e delle relazioni umane. Spesso, nella nostra società, la fiducia viene vista come un atto semplice e naturale, ma in realtà richiede un grande sforzo, una sorta di coraggio quotidiano, soprattutto in un contesto in cui le delusioni e gli inganni sono all’ordine del giorno, le trappole si celano dietro l’angolo e la tentazione di innalzare muri di diffidenza sembra una cosa ragionevole per non soffrire ancora una volta. Dare fiducia a qualcuno è un gesto che ti chiede di accettare la posta della vulnerabilità, la fiducia, infatti, è un atto di vulnerabilità che ci mette in contatto con l’altro, una questa vulnerabilità può essere anche fonte di sofferenza e di fatica. La fiducia non è qualcosa di scontato, ma un gesto che richiede di superare le paure e le insicurezze, spesso radicate nella nostra cultura individualistica e diffidente. La nostra cultura ha conosciuto anche una riflessione filosofica sul tema della fiducia: Dal punto di vista filosofico, pensatori come Emmanuel Lévinas hanno sottolineato l’importanza dell’etica della relazione e della responsabilità verso l’altro. Lévinas ci invita a “considerare l’altro come un volto che ci interpella, e questa chiamata implica un impegno a essere sufficienti da mantenere, specialmente in un mondo che spesso ci dice che la connessione non esiste” eppure si gioca nelle situazioni della vita o nelle relazioni.
Inoltre, la filosofia di Søren Kierkegaard ci parla della “faticosa” scelta di vivere con fiducia, di credere nell’altro nonostante le incertezze e le paure. La fiducia, secondo Kierkegaard, è un atto di fede che richiede coraggio e una certa dose di follia, perché implica il rischio di essere feriti. La pagina di Vangelo di Matteo ci chiede di verificare la nostra capacità di scegliere il coraggio della fiducia in Dio e nelle persone che ci amano. La fatica di fidarsi degli altri è una sfida che attraversa la nostra storia personale e sociale. Richiede di superare le barriere della diffidenza e di abbracciare la vulnerabilità come parte integrante della nostra umanità. È un percorso che, se affrontato con consapevolezza e coraggio, può portare a relazioni più autentiche e profonde. Il sogno si conclude con l’invito a Giuseppe di essere fedele e obbediente alla volontà di Dio, e lui, senza esitazioni, si sveglia e agisce di conseguenza.
Solo la fede in Dio ci rende capaci di fidarci degli altri nelle relazioni, di seguire il sentiero stretto dove si sceglie di dare fiducia, magari rischiando di essere considerate persone semplici, ingenue. L’alternativa sarebbe formarsi un cuore diffidente, preventivo, sormontato da “steccati di diffidenza”, ma sinceramente può il cuore di un discepolo di Gesù trasformare la propria vita in un viaggio senza fiducia? La diffidenza come stile di vita, il sospetto preventivo possono sembrare forme di autodifesa, ma rischiano di diventare un muro che blocca il vero contatto umano e, di conseguenza, l’amore.
Quando si diffida troppo, si crea una barriera emotiva che impedisce di aprirsi agli altri, di fidarsi, di vivere relazioni autentiche e arricchenti, di “tenere ciò che è buono” come indica l’Apostolo nella prima lettera ai Tessalonicesi. Solo la fede in Dio più rendere capaci di fidarci ancora nonostante le delusioni e le fregarie della vita. Sant’Agostino ha riflettuto molto sul ruolo della volontà umana e sulla fiducia in Dio. Egli scrive: “Fidati di Dio, anche quando non capisci; obbedisci, anche quando non vedi.”
Il vostro parroco, don Giovanni