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Solo dallo stupore sboccia la gratitudine | Settimanale 16 febbraio 2025

In questa sesta Domenica dopo l’Epifania ci viene consegnato un brano evangelico nel quale l’evangelista Luca descrive le tappe finali del cammino di Gesù verso Gerusalemme.

La Samaria è terra di infedeltà secondo il “sentire” di Israele e Gesù la attraversa di proposito, non la evita per andare a Gerusalemme. “Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!»”.

 

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Non sappiamo nulla di questi uomini. Né il loro nome, né la loro appartenenza, né come si sono ritrovati insieme. Sappiamo però che hanno trovato una solidarietà nella sofferenza.

Questi uomini sono insieme e già questa è una buona notizia perché la particolarità della lebbra è proprio la costrizione alla solitudine. Se la sofferenza ci isola, questi uomini trovano un modo per solidarizzare tra di loro e soprattutto fanno qualcosa che è dirompente: pregano!

 

Chi soffre, o prega o impreca, non esistono alternative, non si può rimanere indifferenti davanti al dolore: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». E Gesù non rimane indifferente: “Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». “E mentre essi andavano, furono sanati”.

Se la preghiera serve a ottenere una grazia, allora la preghiera di questi uomini è un’ottima preghiera perché rende possibile l’impossibile. Ma il racconto non si conclude con quello che sembra essere il miracolo: “Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.”

Tuttavia il vangelo ci dice che essere guariti da una malattia non significa ancora essere salvi! La conclusione del racconto evangelico merita di essere guardata con attenzione: Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Solo quando la preghiera mi cambia, allora è una vera preghiera.

Pensare che la preghiera sia solo ottenere qualcosa, assomiglia ancora troppo alla preghiera pagana.

È la gratitudine di quest’uomo che mostra la vera riuscita del miracolo. Eppure molto spesso noi corriamo dietro le grazie e ci dimentichiamo la conversione di gratitudine alla maniera di questo straniero. Essere riconoscenti, con un cuore che sa dire grazie, è frutto di una profonda conversione, di un cambiamento profondo che lo Spirito Santo sa mettere in atto dentro di noi.

Sapere riconoscere il bene che Dio ha compiuto nella mia vita, nella vita della mia famiglia o della mia comunità cristiana è segno di un vero cambiamento, di una guarigione interiore completa.

Fare memoria delle opere di misericordia che il Signore ci ha donato ci rende dei veri discepoli rinnovati dalla Grazia di Dio. Questa memoria del bene ricevuto ci rende più umili.

Cari Parrocchiani, questa pagina di Vangelo ci chiede di recuperare la spiritualità della gratitudine. Del resto la parola “Eucaristia”, significa dal greco, “rendimento di grazie”: nella Messa ringraziamo il Padre per il dono meraviglioso di Gesù Suo figlio.

La Santa Messa è, dunque, scuola di gratitudine, innanzitutto verso Dio. Siamo educati di Domenica in Domenica allo stupore, alla meraviglia dell’Amore vicino e fedele di Dio. E solo dalla meraviglia sboccia la gratitudine!

Tutto quello che abbiamo lo dobbiamo a qualcuno, la vita in primis… Dire grazie significa entrare nella logica del dono e della reciprocità, del servizio umile e della donazione fatta senza pretese. L’uomo e la donna contemporanei, invece, tendono con una certa facilità a indignarsi, rivendicano, protestano, criticano, si lamentano, pretendono e raramente sanno ringraziare.

Si tende a dare tutto per scontato, tutto sembra dovuto e lo spazio per la riconoscenza e la gratitudine si assottiglia sempre di più. Quanto è importante avere nel cuore la capacità di ringraziare, di stupirsi per il bene ricevuto, perché solo da un cuore che sa dire grazie e stupirsi nasce un cuore capace di adorare il mistero di Dio!

Il vostro parroco, don Giovanni

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