Il Vangelo di questa V Domenica del tempo di Pasqua ci consegna una Parola di Gesù così centrale, sintetica, concreta del messaggio evangelico. Questa pagina come una bussola ci consegna il nuovo comandamento dato dal Signore Gesù ai suoi Discepoli di ogni tempo, anche a ciascuno di noi, oggi. Si tratta del comandamento nuovo di Gesù che lancia una forte provocazione al nostro continuo tentativo di stare in equilibrio dentro le nostre relazioni. Esprime molto bene questo concetto un teologo molto profondo: “Anche il comandamento che Gesù lascia ai suoi discepoli è un comandamento nuovo. E comprendo questa novità nel senso di una continua provocazione che sbaraglia il tentativo umano di ritrovare costantemente un equilibrio. Gesù infatti ci chiede di amare in una modalità capace di abbandonare la reciprocità. Eppure sappiamo bene che ordinariamente tendiamo tutt’al più ad amare cercando un equilibrio”.
Quando amiamo lo facciamo generalmente con il criterio della partita doppia: non ammettiamo mai che i conti dell’amore siano in rosso! Amiamo con la nascosta speranza di essere ripagati, diamo con l’intenzione più o meno manifesta di ricevere almeno altrettanto. La chiamiamo educazione o rispetto. Abbiamo fatto della reciprocità un valore culturale, ma certamente non è il modo in cui Cristo ci chiede di amare. Gesù infatti dice sì di amarci l’un l’altro, ma aggiunge come egli ci ha amato. Questo avverbio cambia tutto e dovremmo tenerne conto. Se non avesse aggiunto quel “come”, avremmo potuto ricercare nell’altro il criterio dell’amore: ti amo sì, ma come mi ami tu, non di meno, ma neanche di più. L’amore sarebbe diventato una sorta di salto nella spirale della competizione e del confronto. E purtroppo, umanamente nella nostra cultura contemporanea, l’amore è stato ridotto a questo. Gesù invece pone il criterio dell’amore al di fuori della reciproca relazione: ciascuno deve amare l’altro non guardando a come è amato dall’altro, ma a come è amato da Gesù Cristo.
La provocazione di Gesù è forte, perché Gesù ci ha amato e ci ama senza misura, senza giudicare, perdonandoci gratuitamente, sprecando con noi l’amore senza la pretesa del contraccambio. Per questo ogni equilibrio viene meno, ma proprio questo superamento dell’equilibrio consente di essere aperti alla novità di Dio.
Cari Parrocchiani, i discepoli di Gesù si riconoscono quindi da come si amano, diceva la Lettera a Diogneto, si riconoscono cioè se nella loro relazione traspare il modo di amare di Gesù. Questo è il vero primo modo di essere protagonisti di una Chiesa Missionaria, il Vangelo ci suggerisce, quindi, la strada per diventare ogni giorno di più una Comunità cristiana credibile nell’Amore e capace di attrarre le persone per condurle alla bellezza dell’incontro con Cristo risorto.
Anche papa Leone XIV, nel recente discorso ai giornalisti, ci ha ricordato che una comunicazione senza amore non è degna della dignità umana. Talvolta anche l’Amore evangelico nella vita della Chiesa e delle nostre comunità passa dalla conversione del nostro modo di comunicare: “Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana.” Solo lo stile dell’Amore che è a immagine dell’Agnello mite e umile che è Cristo può seminare cammini di pace nel mondo, nei cuori e nella vita della Chiesa.
Per questo Papa Leone ci esorta a partire da noi stessi, dalla nostra interiorità: “La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire ‘no’ alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra.”
Il vostro parroco,
don Giovanni