Skip to content Skip to footer

La testimonianza è un Battesimo che funziona davvero | Settimanale 1 giugno 2025

Quel “voi” indica in primo luogo gli apostoli che sono stati con Gesù. E difatti, dopo la Pentecoste, non fanno altro che rendere testimonianza a Cristo: “La vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza” (1Gv1,2). Ma quel “voi”, di cui parla Gesù in senso più ampio, sono tutti i battezzati. (Non solo preti, suore, consacrati). Tutti noi in forza del Santo Battesimo…

 

—> Scarica il settimanale <—

 

Gesù, dunque, si rivolge a noi e ci chiede di diventare nell’oggi della nostra vita testimoni della bellezza e della Verità dell’incontro con Lui. Come dice un autore spirituale: “la testimonianza è un Battesimo che funziona”. Si tratta di un tema chiave per la vita cristiana, perché ribadisce che l’esperienza di fede non ha solo lo scopo di santificarci, ma anche quello di essere segno per gli altri.

La fede è un incontro vero con Gesù, che lascia una traccia tangibile nella nostra vita, ma i segni si vedono e raccontano una bellezza. Non c’è nulla da spiegare, basta vedere. Il testimone è uno che parla con la vita, diventa egli stesso segno. S’impara con gli occhi e quello che vediamo entra dentro e si trasforma in fatti di Vangelo!

In questa Domenica di Ascensione invochiamo il dono dello Spirito Santo, perché edifichi comunità cristiane, parrocchie, realtà ecclesiali dove si possono incontrare testimoni operosi della fede in Cristo. Dove si gusta il sapore del Vangelo. Dove c’è da vedere fatti che portano il Sapore di Gesù Cristo, stili evangelici che ti fanno venire voglia di farne parte.

Abbiamo bisogno di vedere la concretezza del Vangelo nella vita degli altri e gli altri hanno necessità di riconoscere in noi quello che diciamo a parole. Per questo la vita cristiana non è una battuta in solitaria, ma cammino comune, condiviso, sotto la guida luminosa della Parola di Dio.

Quindi le relazioni personali e comunitarie sono un luogo privilegiato da curare bene e purificare, se vogliamo essere o diventare segno di Gesù. Cosa può voler dire diventare segno di Cristo nelle relazioni? Forse ci viene chiesto di vivere con maggiore senso di responsabilità le relazioni, grati per quello che riceviamo, e consapevoli di quanto possiamo dare.

Ci viene chiesto di avere maggiori attenzioni per gli altri, perché nessuno soffra solo o con la sensazione di soffrire invano; aperti al mistero, della vita e della morte, dell’Amore di noi stessi e degli altri. In un tempo di sfiducia e di paure dobbiamo diventare maggiormente uomini e donne di speranza.

Coltivare ragionamenti positivi e linguaggi di fiducia. La lamentazione continua non è un modo evangelico di costruire il bene e di generare cammini e processi di speranza. Capire tutti insieme che è da superficiali continuare con certi stili di vita carichi di individualismo ed egoismo; che non possiamo continuare a correre e correre (ma verso dove?), in una lotta frenetica contro il tempo, in un mondo segnato dall’eccesso, dove tutto è troppo veloce e rumoroso.

Siamo chiamati a diventare uomini e donne di speranza per aiutare gli altri a sperare, ad abbracciare il futuro, confidando in Dio, nella sua misericordia che salva e ci rinnova. Noi siamo uomini e donne illuminati da una fede che sa “rendere ragione della speranza” che è in noi (1Pt 3,16).

Testimoni dunque di un modo intelligente di guardare con benevolenza all’avvenire a causa di Cristo e del suo Vangelo! La prima e fondamentale testimonianza di vita cristiana è quella che si dona e si riceve in famiglia, nella “Chiesa Domestica”: mamma e papà con il loro modo di amare, pregare, correggere, perdonare e perdonarsi sono capaci di fare entrare la logica del Vangelo nella vita dei più piccoli.

Noi diventiamo, infatti, quello che abbiamo davanti agli occhi, ed è un grande dono avere d’innanzi genitori capaci di dare una vera testimonianza del Vangelo vissuto. I loro gesti e le parole che si scambiano tra di loro e che i ragazzi vedono, sono una occasione meravigliosa di bene, che lascia tracce indelebili sulla vita.

Anche il modo con cui in famiglia ci mettiamo in ascolto l’uno degli altri è una strepitosa occasione per imparare cosa vuol dire accogliere, dunque amare. Un padre e una madre, che hanno accolto la bellezza del Vangelo, sono capaci di narrare con la propria storia che la vita battesimale è una scelta libera, personale. Sanno consegnare ai propri figli il sapore evangelico della libertà a cui ci conduce il Mistero di Cristo.

Hanno ben presente che la vita non s’impone agli altri, la si propone, la si mostra. Di fatto un testimone non è uno che spiega la vita agli altri ma è uno che mostra la vita. E lo fa con il bene di cui è capace e la debolezza che lo connota. Per essere testimoni credibili di Cristo non si deve nascondere la fragilità del dolore, delle lacrime, dell’amarezza.

Per un discepolo di Gesù anche il dolore, la fragilità e le lacrime, vissute e condivise, raccontano il capolavoro di Dio, che non ci evita le sofferenze, ma ci salva “nella sofferenza e nonostante la sofferenza”. Anche le inadeguatezze e i nostri limiti non vanno nascosti, perché nella Sacra Scrittura Dio ci ha rivelato che il punto di partenza di ogni vero cambiamento, di ogni vera e profonda conversione è la nostra storia, quella che realmente è, con le sue pochezze, insufficienze e precarietà.

Non dobbiamo avere paura di mostrare ai nostri figli la nostra debolezza, perché è bene che vedano la vulnerabilità di certe ore dell’esistenza e gli sforzi che stiamo facendo per rialzarci. Anche così i ragazzi, osservandoci, impareranno a diventare adulti che sanno guardare in faccia il proprio dolore e il dolore degli altri, con rispetto e dignità.

Abbiamo bisogno di una testimonianza cristiana vera, senza ipocrisie e fraintendimenti, che sa presentare con umiltà anche i propri limiti, gli errori e le precarietà. Senza nascondere mai nulla, ma partendo dalla realtà di quello che siamo.

Abbiamo bisogno di capire la vita nella vita di qualcun altro. Il nostro modo di “apprendere il mondo”, infatti, è lo sguardo! Abbiamo bisogno di qualcuno a cui guardare, per riconoscere la bellezza dell’esperienza cristiana, che è Amore che sa decidere e scegliere.

Una persona è testimone innanzitutto quando si riconcilia con il verbo essere, non semplicemente quando ristruttura il verbo fare. Come dice un autore spirituale: “Il problema fondamentale della nostra società è la schizofrenia che ci porta a mettere in ordine le cose che facciamo mentre abbiamo problemi seri sul chi siamo”.

La testimonianza è una questione di essere e non di fare.

Buon cammino a tutti.

Il vostro parroco, don Giovanni

Leave a comment